La Cina cresce anche a colpi di spot
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I vestiti, le contraffazioni, i ristoranti, l'influenza dei polli, lo yuan. A parlare di Cina non si finirebbe mai. Il Paese del Drago è sulla bocca di tutti. Fa paura, fa discutere, incuriosisce.Masuscita anche grandi entusiasmi.
Quelli dei pubblicitari, per esempio. A molti non è sfuggita una delle principali qualità del Drago. Lo Stato più popoloso del pianeta hamiliardi di occhi e di orecchie cui indirizzare slogan, spot e messaggi.
E con la marea di società che stanno emigrando verso il mercato che vanta il tasso di crescita più elevato, la Cina rappresenta per il settore pubblicitario una gallina dalle uova d'oro. Imaghi della comunicazione non hanno perso tempo.
Un esempio? Il colosso della reclame Wpp ha concluso ieri l'acquisizione della iPr Asia di Hong Kong. La stessa che ha gestito circa il20% del marketing e della promozione legata al lancio delle società neoquotate sul listino dell'ex colonia britannica. L'Asia pesa per il17% dei ricavi di Wpp. Nei primi sei mesi dell'anno le vendite in Cina sono aumentate del 22 per cento.
Sempre ieri anche Aegis, la più grande concessionaria indipendente di pubblicità, presentando i conti ha sottolineato il ruolo fondamentale svolto dalla Cina in bilancio. I profitti, nel primo semestre, sono saliti del 5,7% a 26,1milioni di sterline (48,1milioni di dollari). Il giro d'affari è schizzato invece del 15% a 389 milioni di sterline. Uno dei contratti più succulenti? Quello stipulato con Coca Cola proprio all'ombra della Grande Muraglia.
I numeri, del resto, parlano chiaro. La pubblicità del Drago fattura da sola 20 miliardi di dollari sui 40 miliardi totali messi a segno dall'intero comparto dei media. Dati che piazzano la Cina al quinto posto della classifica dei Paesi più bombardati dagli spot - televisivi e non - dopo Usa, Giappone, Germania e Regno Unito. Ma il bello deve ancora venire. Nel 2008, grazie anche alle Olimpiadi di Pechino, il Drago salirà al secondo posto.